L’INPS stacca l’assegno: tutti avranno 603,40 euro sul conto | Non bisogna fare nessuna richiesta ufficiale: ti arrivano e basta

Coppia e soldi (Depositphotos foto) - www.aforisimicitazioni.it
Una sentenza della Corte cambia le regole: fissata una soglia minima per questo assegno, ecco cosa devi sapere.
Parlare di previdenza non è mai semplice. Anzi, spesso è un vero rompicapo. Ma ogni tanto succede qualcosa che, pur sembrando un dettaglio tecnico, può cambiare parecchio la vita concreta delle persone. Tipo quei cambiamenti nascosti tra le righe delle leggi, che nessuno legge mai davvero fino in fondo, ma che fanno tutta la differenza.
Ecco, stavolta si parla proprio di una di quelle modifiche. Negli anni, tante persone si sono viste riconoscere un assegno davvero basso. Troppo basso. Nonostante tutto. Perché? Beh, non per colpa delle domande sbagliate. È che le regole del sistema contributivo sono piuttosto rigide: se hai versato poco, prendi poco. E se hai iniziato a lavorare dopo certe date, le cose si complicano ancora di più.
Nel 1995 è arrivata la famosa legge Dini, che ha messo ordine (si fa per dire) al sistema pensionistico italiano. Ha introdotto il calcolo contributivo, cioè ti danno in base a quanto hai versato, punto. Fine della solidarietà? Non proprio, ma quasi. Molti si sono trovati spesso con assegni ben sotto la soglia della dignità. E senza possibilità di integrazione automatica. Una beffa, diciamolo.
Ora però si torna a parlare di questo tema. Ci sono ancora prestazioni che, pur essendo dentro il sistema contributivo, sono legate a un principio più sociale. E qui entra in gioco una decisione – una sentenza, per essere precisi – che potrebbe (anzi, che sta) spostando un bel po’ di cose. Ma andiamo con ordine…
Alcune precisazioni
La sentenza recente vale solo da ora in avanti. Cioè, chi riceve già un assegno più basso non vedrà aumenti retroattivi. Né potrà chiedere gli arretrati. Questa parte, chiariamolo, è stata decisa su suggerimento dell’INPS. Già, proprio così: l’ente ha fatto presente che un’applicazione retroattiva avrebbe messo in crisi le casse pubbliche. Sarebbe costato troppo, insomma.
Quindi sì, la novità c’è, è concreta, e per chi ne beneficerà sarà sicuramente un sollievo. Però restano fuori tutti quelli che hanno vissuto per anni con assegni al di sotto del minimo, e che non vedranno un centesimo in più. È un passo avanti, ma anche un compromesso. E, come riportato da quifinanza.it, segna comunque un cambio importante per chi si trova in condizioni di fragilità e ha diritto a un sostegno dignitoso.
Una decisione che cambia qualcosa
Il 9 luglio 2025, la Corte Costituzionale ha detto la sua. E lo ha fatto con una sentenza – la n. 94 – che riguarda proprio gli assegni ordinari di invalidità. In pratica, ha deciso che anche per chi rientra completamente nel sistema contributivo (cioè quelli che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996) deve esserci una cifra minima garantita. Niente più assegni da 300 o 400 euro: da ora in poi si parte da almeno 603,40 euro al mese.
È un bel cambiamento. Significa che il principio della solidarietà torna a farsi sentire, almeno un po’. La Corte ha spiegato che queste integrazioni al minimo sono sempre state a carico dello Stato, e che il modo in cui si calcolano gli assegni non deve più fare differenze così nette tra chi è nel sistema retributivo e chi no. Semplificando: non importa quanto hai versato, se hai diritto all’assegno, quella soglia non si tocca.