Quando “sei un fallito” diventa reato penale | Altro che litigata coniugale, la Sentenza non guarda in faccia a nessuno

Una condanna inevitabile (Canva) - aforismi-citazioni.it
Ogni tanto, la giustizia fa il suo corso. E quand’è così, non devi far altro che prender atto di ciò che sei realmente.
Il rispetto è alla base di ogni relazione sana: che si tratti di tipo amicale, familiare, lavorativa, o di semplice convivenza civile. Essendo ciò che permette agli individui di vivere insieme, riconoscendo la dignità altrui.
Dal momento che, “rispettare” significa anche saper accogliere ciò che è diverso da noi: con opinioni, culture, e stili di vita. Essendo un esercizio di empatia e apertura mentale, il quale arricchisce chi lo pratica.
Inoltre, il rispetto implica proprio il riconoscere i confini altrui, senza mai oltrepassarli. Poiché legato alla responsabilità individuale di agire con attenzione, evitando parole o gesti che possano ferire o, addirittura, prevaricare.
Esprimendosi, per di più, nei modi più semplici: ascoltando senza interrompere; dicendo “grazie”; e attendendo il proprio turno. Piccoli atti che, se ripetuti ogni giorno, costruiscono appunto una società più giusta e umana.
Ombre fra le mura
In certi luoghi, anche se vi abitano sorrisi e abitudini, può invece annidarsi il dolore. Le cui ferite non sempre, infatti, si vedono, e non sempre sanguinano. Essendo, alcune, lente, silenziose, logoranti. Talvolta, chi dovrebbe proteggere e sostenere diventa, piuttosto, fonte di paura, confusione, e perdita di sé. E quando tutto questo accade fra le pareti di casa, le conseguenze possono esser devastanti.
Motivo per cui, in ogni caso, non sempre servono le mani per far del male. Poiché esistono strumenti ben più sottili, ma non meno taglienti: come parole che umiliano; gesti i quali annientano e/o sguardi che sminuiscono. Una violenza che si insinua e cresce giorno dopo giorno, lasciando cicatrici (alla resa dei conti) invisibili, ma profondissime. Sebbene la legge abbia finalmente imparato a riconoscere anche queste ferite, e a tutelare chi ne è vittima.
Un ribaltamento inatteso
In una vicenda giudiziaria emblematica, un uomo ha trovato il coraggio di denunciare anni di umiliazioni subite da parte della propria compagna. Per cui, in primo grado, il tribunale ha difatti riconosciuto i maltrattamenti, condannando la donna. Mentre in appello, la sentenza è stata ribaltata: giacché per i giudici, le offese non erano abbastanza gravi. Sembrando, quindi, la fine della giustizia.
Poi, è stata la Corte di Cassazione a rimetter ordine: stabilendo che le vessazioni verbali, se ripetute, si rivelano consapevoli e dannose, costituendo un maltrattamento a tutti gli effetti. Riaffermando, infine, un principio cruciale: ovvero quello che anche un marito può esser vittima. E anche una moglie può, e dev’esser, condannata. Dal momento che la legge non guarda al genere, bensì al dolore.